Fu in quel periodo che cominciai a prendere confidenza con le partite combinate. Non c'era niente di strano: quando a tutte e due le squadre, per ragioni di classifica, conveniva il pareggio sicuro, cioè un punto, piuttosto che rischiare lo zero punti della sconfitta, ci si metteva d'accordo in varie maniere. O prima della partita, fra gli allenatori, oppure direttamente in campo, durante la partita, fra noi giocatori. In pratica imparai la prima delle cose che nel calcio si facevano - che tutte le squadre, più o meno spesso, facevano - ma che non si dovevano dire, che dovevano restare un segreto: i pareggi combinati.Carlo Petrini, "Nel fango del dio pallone" (Kaos Edizioni, 2000).
A volte capitava qualche imprevisto, come successe durante l'incontro Padova-Genoa. Nello spogliatoio, poco prima di andare in campo, Ghezzi ci disse: "Ho parlato con Rosa [allenatore del Padova, n.d.r.] e ci siamo messi d'accordo per il pareggio. E' chiaro a tutti?". Ci andava bene: un punto sicuro in trasferta era il massimo che potevamo sperare, dato il momento difficile della squadra. Ma in campo mezzo Padova si impegnò per vincere, e ci riuscì: il loro allenatore, infatti, aveva informato dell'accordo-pareggio solo alcuni dei suoi giocatori, e tutti gli altri avevano giocato per la vittoria. Nel dopo-partita Ghezzi era fuori dai gangheri: voleva prendere Rosa a cazzotti, noi giocatori, per impedirglielo, fummo costretti a tenerlo chiuso nello spogliatoio finché non si calmò.
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12 anni fa
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